Essere umano e Intelligenza Artificiale: chi è il migliore?

Chi sa fare meglio le cose? Chi sa raccontare meglio? Alcuni le vedono come due forze complementari, altri sono più spaventati (se non terrorizzati) e li vedono come contrastanti. Da una parte c’è il genio creativo umano che attinge dalle emozioni e dall’intuito e dall’altra c’è l’efficienza di un algoritmo super veloce e super intelligente. Ho voluto chiedere direttamente a Chat GPT di OpenAI (v.4o) cosa ne pensa ponendogli 3 domande che riguardano le mie competenze professionali. Se sei curioso di sapere le sue risposte – ma soprattutto la sua considerazione finale – leggi tutto l’articolo fino alla finale per scoprire un possibile futuro della creatività e dello storytelling.

Indice dell’articolo:

  • L’essere umano: emozione, consapevolezza e limiti
  • Sceneggiatori vs Intelligenza Artificiale: chi vince in creatività?
  • Autore di narrazione e IA: tra intuizione e analisi dati
  • Progettista di storytelling e IA: il valore dell’empatia e dell’adattabilità
  • Conclusione: un futuro di collaborazione(?)

 

L’essere umano: emozione, consapevolezza e limiti

 

Ho chiesto a Chat GPT : “Che cos’ha e che cosa non ha l’uomo rispetto all’intelligenza artificiale?”. Mi ha risposto così.

L’essere umano possiede qualcosa che l’intelligenza artificiale non può ancora replicare appieno: consapevolezza, emozione autentica e intenzionalità. Questi elementi permettono all’uomo di percepire la realtà in modo soggettivo, attingendo alle esperienze personali, ai ricordi e ai sentimenti. Ad esempio, di fronte a un tramonto, l’uomo non si limita a “processare” i dati visivi, ma li interpreta in base al contesto emotivo e culturale.

L’intelligenza artificiale, al contrario, eccelle nell’elaborazione rapida e massiva dei dati, nell’individuare pattern e nell’eseguire compiti ripetitivi con una precisione irraggiungibile per l’uomo. Tuttavia, manca di empatia, intuizione e senso etico. Non può “sentire” o prendere decisioni che vadano oltre ciò che è stato programmato o appreso dai dati forniti.

Dunque, l’uomo in quanto mix di esperienze interiori sue proprie, individuali, simili ma sempre diverse tra un uomo e l’altro, ha un filtro con cui è capace di produrre un contenuto ricco di “un’anima” che aumenta in qualche modo la percezione della realtà esterna. La macchina invece non può farlo, perché agisce per logica e per nessi, per elaborazione di un dato, e non di un’esperienza, senza poter sperimentare la partecipazione emotiva e senza un bagaglio di vita e di ricordi.

In sintesi:

  • limite umano: siamo lenti nel processare ed elaborare, ci lasciamo influenzare dal contesto e spesso commettiamo errori di valutazione;
  • limite dell’IA: l’incapacità di andare oltre l’analisi di calcolo, non sa davvero “creare” per uno motivo interiore “profondo”.

 

Sceneggiatori vs Intelligenza Artificiale: chi vince in creatività?

 

Ho chiesto a Chat GPT: “Che cos’ha e che cosa non ha uno sceneggiatore umano rispetto all’intelligenza artificiale?”. Mi ha risposto così.

Uno sceneggiatore umano è un artigiano della narrazione che possiede la capacità unica di creare trame complesse, cariche di significato simbolico e di sfumature emotive. Può plasmare personaggi vivi e dinamici, basandosi su un’interpretazione profonda della psicologia umana e dei contesti culturali.

L’IA, invece, può generare sceneggiature in tempi record analizzando un’enorme quantità di testi preesistenti. Algoritmi come quelli basati su modelli di linguaggio sono capaci di proporre trame coerenti e dialoghi credibili. Tuttavia, queste storie mancano spesso di originalità radicale e di un nucleo emotivo autentico.

Non so quanto possa credere a questa sua asserzione, visti i risultati ottenuti dalle possibilità narrative della macchine. In futuro potrei provare a chiedergli di elaborare una breve sceneggiatura, per testare realmente le sue possibilità. Sicuramente, anche in questo caso il bagaglio personale e sociale di uno sceneggiatore umano, che sempre attinge volontariamente o inconsciamente a quanto ha vissuto e alle storie di altri che ha assorbito, farà la differenza. Così come, la conoscenza e la capacità di stravolgere i paradigmi narrativi per elaborare soluzioni alternative alla canonica trama, sono competenze di un professionista esperto che può ragionare anche oltre gli schemi.

E infatti, Chat GPT aggiunge:

 Ad esempio, un’IA potrebbe scrivere un episodio di una serie TV che segue formule narrative consolidate, ma difficilmente saprà “osare” con un finale imprevedibile che scardini i cliché.

In sintesi:

  • lo sceneggiatore umano ha una sensibilità culturale, una creatività non convenzionale, e la volontà di rompere le regole;
  • l’IA può avere difficoltà nel produrre qualcosa di completamente nuovo, e manca di una profondità umanistica. Almeno per ora…

 

Autore di narrazione e IA: tra intuizione e analisi dati

 

Ho chiesto a Chat GPT: “Che cos’ha e che cosa non ha un autore di narrazione umano rispetto all’intelligenza artificiale?”. Mi ha risposto così.

Un autore di narrazione (che sia un romanziere o un poeta) attinge dalla propria vita e dalle proprie emozioni per costruire storie che riflettano le complessità del vivere umano. L’ispirazione, spesso inconscia e imprevedibile, è la sua arma segreta. L’autore può dare vita a opere che risuonano profondamente con i lettori, provocando cambiamenti interiori e riflessioni.

Anche qui, il bagaglio di una vera vita vissuta del narratore umano, permette una genesi testuale imprevedibile, unica.

L’intelligenza artificiale, d’altro canto, può generare narrazioni imitative basandosi sui grandi classici o su stili specifici. Esempi recenti di IA che scrivono romanzi dimostrano una certa abilità nel replicare schemi narrativi, ma ciò che manca è l’intuizione profonda e la capacità di rischiare. Un esempio emblematico è il caso della scrittura poetica: un’IA può imitare la metrica di Dante o la musicalità di Montale, ma non può infondere nei versi una visione del mondo intima e personale.

In sintesi:

  • l’autore essere umano è unico perché figlio (e immerso) in una esperienza personale unica, è capace di entrare in contatto con l’anima di altri essere umani;
  • la tecnologia intelligente può creare opere come somma di dati o di testi.

 

Progettista di storytelling e IA: il valore dell’empatia e dell’adattabilità

 

Ho chiesto a Chat GPT: “Che cos’ha e che cosa non ha un progettista di storytelling umano rispetto all’intelligenza artificiale?”. Mi ha risposto così.

Un progettista di storytelling è un architetto della narrazione. Deve costruire esperienze che non si limitino a “raccontare”, ma che coinvolgano il pubblico su più livelli sensoriali ed emotivi. Questa figura si distingue per la capacità di intuire i bisogni del pubblico e adattare la narrazione a contesti mutevoli, unendo creatività artistica e strategia comunicativa.

L’IA, grazie all’analisi dei dati, può personalizzare le storie per gruppi di utenti o individuare i trend più efficaci. Tuttavia, non può prevedere le reazioni emotive reali di un pubblico né anticipare cambiamenti culturali.

In questo caso il pubblico del professionista è il fattore/valore che distingue l’essere umano dalla macchina. Conoscere il pubblico in maniera anche emotiva, cognitiva e comportamentale è un bel po’ in più rispetto a una sola capacità di analizzarlo.

Un progettista umano potrebbe ideare un’esperienza immersiva per un museo che non solo informi, ma trasformi emotivamente i visitatori. Un’IA potrebbe supportare nella creazione di contenuti, ma difficilmente comprenderà come connettere quei contenuti ai sentimenti e ai valori dei fruitori.

Puoi dargli tu l’input con dei dati o dei modelli di riferimento, ma il risultato non sarà mai pieno come quello progettato da un essere umano.

In sintesi:

  • il progettista di storytelling ha empatia, capacità di prevedere emozioni e di progettare narrazioni performanti;
  • il limite dell’IA è soprattutto l’assenza di una vera capacità di “sperimentazione culturale o artistica”.

 

Conclusione. Un futuro di collaborazione(?)

 

Sul finale, io e Chat GPT siamo d’accordo. Sono contento, perché è la linea su cui convengono tutti gli esperti di comunicazione, nuove tecnologie, umanesimo e sociologia. Dobbiamo collaborare!

La vera potenzialità sta nell’unione delle forze. L’essere umano e l’intelligenza artificiale non devono essere visti come rivali, ma come alleati in una collaborazione creativa. L’uomo fornisce visione, etica, intuizione e autenticità; l’IA porta efficienza, analisi dati e capacità di calcolo.

Lo sceneggiatore, l’autore, il progettista di storytelling, e l’uomo in generale, sono e saranno sempre insostituibili quando si tratta di creare “significato”. Al suo fianco, l’intelligenza artificiale può essere uno strumento alleato molto potente per realizzare, migliorare, ispirare e diversificare il loro potenziale. Questa complementarità, di cui ho accennato nell’introduzione, è il futuro della creatività.