L’esperienza di visita guidata in un luogo di cultura deve coinvolgere il visitatore. La parola competente di una guida o di un narratore è lo strumento fondamentale che non potrà mai essere sostituto pienamente. Tuttavia la cognizione dell’informazione e la capacità di ricostruzione di un luogo e della storia può essere agevolata e sostenuta dall’uso di tecnologie, non per forza solo digitali: la tecnologia è qualsiasi strumento progettato dall’uomo utile ai suoi obiettivi.

Un esempio di questa metodologia me l’ha raccontata Sergio Pisco, laureato nella facoltà di Conservazione dei beni culturali dell’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli (2009) e guida turistica abilitata della Regione Campania (dal 2011).

Ciao Sergio! Qual è stata la motivazione che ti ha spinto a diventare una guida turistica?

Io ho frequentato un liceo scientifico, ma sin da bambino ho prediletto tutte le materie artistiche. Disegnare, riportare in vita vecchi oggetti con piccoli interventi di restauri, studiare le vite dei grandi artisti, suonare e ascoltare musica, viaggiare e scoprire le diverse culture e tradizioni di un luogo, tutte queste passioni e attitudini mi hanno portato a comprendere che la guida turistica sarebbe stata la professione più adatta a me, anche per il piacere di conoscere nuove persone. Mi sono dato una missione: trasmettere le mie conoscenze con parole semplici ed efficaci, mantenendo l’entusiasmo necessario a rendere una visita guidata gradevole, oltre che istruttiva. Ci ho creduto fin dall’inizio e continuo a crederci!

Qual è il profilo del tuo pubblico di visitatori abituali?

Io lavoro nel circuito del turismo straniero, soprattutto americani, inglesi e australiani. In nove anni ho conosciuto varie tipologie di visitatori (bambini, adolescenti, adulti, anziani, persone con problemi di deambulazione o portatori di handicap), e questo quotidiano rapportarsi a diverse esigenze è uno dei fattori più entusiasmanti del lavoro di guida turistica. Ad esempio, trascorrere la giornata insieme a una famiglia, quando si tratta di visite guidate private, infrange quel muro professionale guida-cliente e l’esperienza di visita diventa anche uno scambio paritario di informazioni, di interessi, di cultura e di tradizioni. Anzi, forse, il fattore più stimolante è proprio quello di far comprendere a chi non sa, ma desidera conoscere.
Ho lavorato negli ultimi tre anni con un pubblico giovane tra i 18 e i 30 anni, che affianca il soggiorno all’esperienza della visita guidata con un ristretto gruppo di persone. In questi casi mi sento come un Cicerone tra amici con i quali nasce spontaneo anche scherzare e offrire qualsiasi suggerimento, ad esempio, per un ristorante o per un ulteriore luogo da visitare al di fuori del tour.

Spiegami la metodologia che usi per coinvolgere i visitatori alla storia del luoghi.

Descrivo con professionalità qualsiasi monumento, dettaglio e opera d’arte lungo il percorso di visita. Cerco di trarne quante più informazioni necessarie per stupire il turista e soddisfare ciò che probabilmente non è riuscito a comprendere da solo. In maniera specifica per il sito archeologico di Pompei, durante una visita guidata ricorro continuamente a paragoni e riferimenti con la nostra realtà e le abitudini quotidiane. Le recensioni dei miei clienti mi confermano che proprio questo elemento è quello che più di ogni altro suscita un notevole coinvolgimento anche emotivo (ps. tutto questo avviene non prima di aver inaugurato il mio discorso con un semplice sorriso e aver creato le giuste condizioni di empatia per mettere a proprio agio le persone).

Sergio spiega la bellezza degli affreschi in III stile del cd. Settore della Sosandra nel Parco archeologico di Baia.

Quali strumenti o tecnologie (analogiche o digitali) utilizzi per accrescere il coinvolgimento del tuo pubblico? E quale riscontro ottieni?

Nel 2016 ho intrapreso una breve collaborazione con un’azienda che promuove l’uso di visori per realtà virtuale come supporto da abbinare alla consueta visita guidata. In occasione di un tour guidato a Pompei, i clienti hanno potuto ammirare la ricostruzione delle rovine archeologiche intorno a sé, proprio come se fossero realmente nella Pompei ancora viva. Il contenuto è stato azionato solo in punti strategici del percorso, con l’ausilio di un tecnico specializzato per l’assistenza. Le persone non visualizzavano solo immagini statiche, cioè fedeli ricostruzioni virtuali del monumento antico, ma anche scene in animazione della vita dell’antica Pompei. Il mio ruolo non era scavalcato, anzi agevolato da questa nuova tecnologia che ha permesso al cliente una percezione della memoria del luogo più completa e immersiva.

Al di là di questa esperienza, sin dall’inizio del mio lavoro di guida turistica ho avuto l’esigenza di usare espedienti che consentissero ai miei clienti di immergersi nelle affascinanti ambientazioni del mondo romano. Io esercito la professione anche in siti culturali non prettamente archeologici, ma credo che ci sia maggiore esigenza di un “supporto tecnologico” proprio nelle rovine antiche, perché il tempo e le calamità naturali hanno deteriorato le strutture. Noi guide riportiamo in vita quella realtà con la nostra spiegazione, affiancati però da strumenti che possono solo aiutarci. Un sussidio molto semplice che ho iniziato a utilizzare nei primi anni è stato un manuale di ricostruzioni grafiche degli elementi architettonici. Poi l’ho sostituito con immagini digitali da mostrare ai visitatori attraverso il mio smartphone. Proprio come facevo con il libro, durante la visita guidata adesso mi fermo in punti strategici scelti da me e mostro al turista l’immagine dal device favorendo quindi uno zoom su quella reviviscenza antica.

Ti racconto un episodio. L’anno scorso ho svolto una visita guidata per una famiglia straniera: madre, padre e due figli abbastanza piccoli. Alla fine delle due ore del tour, la madre si è congratulata con me poiché i figli non si erano annoiati. Ero riuscito a mantenere attiva la loro attenzione per tutta la durata della visita soprattutto perché avevo utilizzato, anche quella volta, le mie immagini esplicative dallo smartphone. Questo feedback mi aveva fatto riflettere: le cose stavano già cambiando, le nuove generazioni dei nativi digitali si sentono “a casa” quando viene offerta loro un’esperienza didattica che preveda l’uso di tecnologie, si sentono più coinvolti, nel linguaggio e nelle abitudini di uso.

La workstation di Sergio.

Tecnologia e narrazione nelle visite guidate: come possano aiutare la guida/narratore? Quali potrebbero essere i limiti?

Innanzitutto penso che il turista debba avere la libertà di poter scegliere il tipo di approccio a un sito culturale. Tutto è abbastanza soggettivo. Secondo le proprie esigenze, un visitatore può decidere se chiamare una guida, servirsi di un’audioguida, sperimentare un supporto tecnologico più avanzato ecc. Credo che ogni sito culturale debba garantire questa varietà di fruizione. Un eccesso di tecnologia potrebbe anche disorientarlo rispetto al bisogno primario di voler semplicemente osservare il monumento, il dipinto o l’opera d’arte ed emozionarsi. Sono favorevole a un corretto uso della tecnologia applicata ai luoghi dell’arte, laddove aggiunga informazioni digitali sovrapponendole all’ambiente reale.

La tecnologia di supporto al racconto non deve essere troppo invasiva. Qui entra in merito anche il ruolo della guida nella possibilità di poter descrivere al visitatore ciò che ha di fronte, senza troppi impedimenti di natura visiva e/o sonora. Al tempo stesso, uno spazio museale o una mostra caratterizzati da un percorso virtuale e interattivo con ricostruzioni scenografiche, ologrammi ecc., può funzionare bene. Anch’io ho vissuto questo tipo di esperienze e ti confermo quanto sia allettante. Tuttavia, credo che la mente umana riesca laddove la scienza tecnologica non potrà mai arrivare. Ricordo le parole di Jeffrey Schnapp, fondatore del MetaLab di Harvard: «La tecnologia amplifica l’uomo, non lo sostituisce».

Durante un tour riesco a capire subito che tipologia di persone ho di fronte, se hanno compreso ciò di cui sto parlando, se desiderano fermarsi per un break, anche interpretando semplici espressioni del loro volto. Soprattutto sanno che possono rivolgermi delle domande, chiarirsi dei dubbi, esprimere un parere, in qualsiasi momento della visita guidata. Ad esempio, la tecnologia dei trasmettitori wireless con microfono e cuffie (whisper) mi permette di parlare senza difficoltà anche a 15-20 persone, senza alzare il volume della mia voce e disturbare altri turisti o colleghi.

Sergio illustra la Basilica negli scavi archeologici di Pompei.

In base alla tua esperienza professionale, quali sono i bisogni e le motivazioni che spingono i turisti a scegliere una visita culturale come esperienza per conoscere una città/Paese, rispetto ad altre forme di intrattenimento?

La curiosità è un fattore decisivo che spinge questo tipo di turismo a scegliere una visita guidata per soddisfare un bisogno di conoscenza storico-culturale. Mi sono reso conto che, in virtù di questa “sete di conoscenza”, i turisti stranieri considerano il viaggio culturale come un momento prezioso per aprire la mente a nuove prospettive. Questo vale sia per giovani studenti sia per persone adulte specializzate nel settore (artisti, archeologi, docenti ecc.). Negli ultimi anni ho assistito a una crescente personalizzazione degli itinerari, alla scelta di mete ed esperienze alternative (trekking e percorsi naturalistici, gite private in barca, soggiorni in agriturismi con wine tours) rispetto ai percorsi standard, e un uso più frequente dei dispositivi mobili sia per informarsi sia per prenotazioni last minute.

Molti clienti mi hanno confessato che la storia del loro paese di provenienza non è così intensa come quella italiana.
Un altro fattore essenziale che spinge il turismo straniero a scegliere l’esperienza di visita culturale è il marketing di promozione sul web e sui social network, capace di attirare un numero sempre crescente di persone con l’aspettativa di vivere un’esperienza irripetibile. Anche se non sanno ancora cosa visiteranno, i turisti sono attratti da una forte curiosità e, una volta che hanno vissuto l’esperienza di visita, la diffondono con un forte ed efficace passaparola.

Grazie Sergio, ci rivediamo a Pompei, tra racconto e tecnologia!

Contatti:
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[foto di copertina: Sergio racconta il sepolcro di Antonio Sarraca nel quadriportico della cattedrale di Salerno)


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