Indice dell’articolo:

  1. Critiche positive e negative su The Irishman
  2. Lo storytelling nella trama di The Irishman
  3. Curiosità e collegamenti culturali su The Irishman
  4. La mia recensione.

 

Critiche positive e negative su The Irishman

The Irishman di Martin Scorsese ha ricevuto recensioni contrastanti, dividendo critici e pubblico. Da un lato i sostenitori elogiano la regia impeccabile e l’approfondimento dei personaggi. Peter Bradshaw del The Guardian lo ha definito «un capolavoro della narrazione cinematografica» (sei d’accordo? io sì!), ha lodato l’abilità di Scorsese nel ritrarre con sensibilità un’epopea sul crimine. L’interpretazione di Robert De Niro e di Al Pacino sono state apprezzate per la loro intensità emotiva.

Dall’altro lato le critiche si sono concentrate soprattutto sulla lunghezza del film, di oltre tre ore e mezza (non si può!). Stephanie Zacharek di Time ha dichiarato: «Un film che, nonostante la maestria del regista, si trascina troppo, perdendo forza nella sua prolissità». Anche l’uso della tecnologia per ringiovanire con il  digitale gli attori ha suscitato opinioni discordanti: per alcuni è stata una trovata innovativa, mentre altri, come Manohla Dargis del New York Times, l’hanno considerata «un espediente non del tutto riuscito».

 

Lo storytelling nella trama di The Irishman

 

La trama di The Irishman si sviluppa attorno alla vita di Frank Sheeran, un veterano della Seconda guerra mondiale che diventa un sicario per la mafia. Il film è incentrato sui suoi legami con figure di spicco come il boss Russell Bufalino e il sindacalista Jimmy Hoffa. Uno dei punti forti della trama è la rappresentazione intima del rapporto tra Sheeran e Hoffa, che si evolve da rispetto reciproco a un tragico conflitto di lealtà.

Scorsese costruisce la narrazione in modo stratificato, alternando flashback e momenti di riflessione, esplorando temi universali come il tradimento, la solitudine e la ricerca di redenzione. La trama si distingue per il suo ritmo cadenzato, che permette di immergersi gradualmente nelle emozioni dei protagonisti. Inoltre, l’elemento storico e politico che circondano la figura di Hoffa aggiunge profondità, e costruisce un contesto realistico agli eventi narrati.

 

Curiosità e collegamenti culturali su The Irishman

 

The Irishman non è solo un film sulla criminalità organizzata, ma anche un viaggio attraverso la storia americana del XX secolo, toccando eventi reali come la misteriosa scomparsa di Jimmy Hoffa. Tra le curiosità più rilevanti va notato che il film è tratto dal romanzo I Heard You Paint Houses di Charles Brandt, che racconta le confessioni di Frank Sheeran. Il titolo si riferisce all’eufemismo mafioso “dipingi case”, che indica l’uccidere qualcuno con il sangue che “dipinge” le pareti (al contrario dell’espediente divino citato nell’Antico Testamento che servì a Dio per indicare all’Angelo sterminatore di riconoscere gli stipiti delle casa segnate con il sangue dell’agnello e risparmiare le famiglie degli egiziani innocenti che vi abitavano).

Un interessante collegamento culturale riguarda l’uso della musica: la colonna sonora include brani che evocano il periodo storico rappresentato, immergendo lo spettatore negli anni ’50-’70. Inoltre, l’influenza di Scorsese è visibile nel modo in cui il regista esplora il tema della mafia, già trattato in classici come Quei bravi ragazzi. La rappresentazione della vecchiaia e del rimpianto fa anche eco a riflessioni culturali più ampie sulla mortalità e sulle scelte di vita.

 

La mia recensione

La critica ha ragione: anche per me tre ore di film nel 2020 sono state troppe. Il valore del tempo si è ormai trasformato, la capacità di fruirlo, la soglia minima dell’attenzione e credo che la situazione non torni indietro, soprattutto per il genere gangster e per i film storici in costume che hanno bisogno di tempi lunghi per la narrazione. Il genere in sé non mi piace, mi sento lontano da queste storie tristi e amare. Ma questo è semplicemente un mio gusto. Divorando TV Series e film per studio e lavoro, ho deciso che avrei dovuto vederlo. Dopo una prima serata in cui mi sono addormentato davanti al monitor, l’ho terminato successivamente.

Sono riuscito però a trovare ben tre motivi per cui l’ho apprezzato:

  1. l’ispirazione dal romanzo, che è sempre un sinonimo di qualità;
  2. l’uso della tecnica narrativa dell’analessi
  3. la firma dello sceneggiatore, anch’essa garanzia di qualità.

E gli attori sono titani.
Forse, l’obiettivo del film è stato raggiunto anche in me in quanto “spettatore non in target con il genere”: suscitare l’emozione di disgusto e pietà per il protagonista.

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articolo aggiornato al 23 ottobre 2024